Quartiere Coppedè |
Peccato che Gino Coppedè, architetto e scultore fiorentino dal gusto eclettico, non vide mail la fine del suo lavoro più famoso, il quartiere a lui intitolato. Incaricato di creare una nuova zona residenziale, l'estroso progettista e figlio d'arte iniziò la creazione del quartiere nel 1915, ma riuscì a portare a termine solo alcuni degli edifici ideati.
Dopo la sua morte nel 1927 toccò al genero Paolo Emilio Andrè proseguire l'opera di quello che oggi è conosciuto come Quartiere Coppedè.
In realtà si tratta di un piccolo spicchio del quartiere Trieste, tra via Salaria e Piazza Buenos Aires, unico per il suo mix di stili e la sua atmosfera fiabesca, tanto da essere stato scelto come set da Dario Argento per i suoi film Inferno e L'uccello dalle Piume di Cristallo.
Fontana delle Rane |
Poiché le indicazioni del committente, la Società Anonima di Edilizia Moderna, erano quelle di dare al nuovo quartiere un'impronta romana, Coppedè prese come spunto iniziale la Roma antica e imperiale con i suoi elementi decorativi come le cornici e gli archi. Come era sua abitudine, però, non si limitò ad applicare un unico stile e si ispirò invece a diverse correnti tra cui il Liberty, l'Art Déco, il Manierismo e pure a linguaggi architettonici che abbracciano dalla Grecia antica al Medioevo fino al Barocco. Quello che ne risulta è un insieme di 17 villini e altri 26 palazzi dall'impronta personalissima, un luogo in cui si viene trasportati in una dimensione onirica fatta di vetrate, archi, balconcini, affreschi e marmi.
Palazzo del Ragno |
Si entra nel "sogno" varcando un arco da cui pende un maestoso lampadario in ferro battuto e che collega tra loro due palazzi sul lato di via Tagliamento: è l'ingresso principale e trionfale alla zona, uno stacco fisico e simbolico dal resto della città. Tutto il quartiere è concentrato in poche strade che ruotano attorno a piazza Mincio, il fulcro dell'abitato da cui partono le vie disposte a raggiera sulle quali sono allineati gli edifici: via Dora, via Tanaro, via Rubicone, via Aterno, via Brenta.
Il centro della piazza è occupato dalla Fontana delle Rane, una doppia vasca centrale con figure di rane da cui zampilla l'acqua e che sarebbe una rivisitazione della Fontana delle Tartarughe di Piazza Mattei, realizzata da Giacomo della Porta e Bernini.
Se il cinema ha ispirato il quartiere, è vero anche il contrario: l'arco al numero civico 2 di piazza Mincio sarebbe infatti la riproduzione fedele di una scenografia usata nel film muto Cabiria, diretto da Giovanni Pastrone e che vide come sceneggiatore Gabriele D'Annunzio.
Coppedè riuscì a portate a completamento il nucleo centrale del suo progetto, tra cui i Palazzi degli Ambasciatori che occupano le vie Tagliamento, Brenta, Dora, Tanaro e piazza Mincio, dove spiccano edifici triangolari, torrette, finestre diverse per ogni piano, mosaici, pitture e un'iscrizione con dedica al progettista. Porta la firma di Coppedè anche il Palazzo del Ragno in Piazza Mincio 4, completato nel 1926, caratterizzato dalla decorazione di un ragno che tesse la tela sul portone d'ingresso e dal rilievo di un mascherine sopra l'arco che sormonta il portone.
Ma il clou del quartiere sono i Villini delle Fate, una costruzione composta di tre villini con gli ingressi indipendenti su via Aterno, piazza Mincio,3 e via Brenta: asimmetrici, carichi di dettagli decorativi, riassumono la totalità degli stili utilizzati con le loro torrette di foggia medievale, le figure geometriche, umane, floreali o di animali, i rimandi alla Firenze rinascimentale o l'omaggio a Roma con la raffigurazione della lupa con Romolo e Remo, i putti, le logge, le bifore, e l'uso dei materiali più disparati tra vetro, ferro, marmo, terracotta.
Nonostante l'assenza di "svaghi" come locali e negozi che solitamente rendono attraenti i quartieri, questa resta una delle zone dove è bello passeggiare per rilassarsi in un magico isolamento, distolti solo dalla ricchezza dei dettagli. E' uno degli esperimenti architettonici più originali della Roma del Novecento.
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