Castello Arechi |
Acquisito al patrimonio dell’Amministrazione Provinciale nel 1960, è stato interessato da lavori di restauro conclusi nel 1982, durante i quali si è recuperata una notevole quantità di ceramica medievale (a bande rosse, spiral-ware, graffita, protomaiolica) e di monete (tre ripostigli:denari normanni di Rouen, tarì aurei e carlini d'argento aragonesi). Nella zona restaurata è stato creato un primo nucleo espositivo dei materiali del Castello, una sala per mostre e un salone per conferenze e congressi. Recenti interventi di scavo hanno permesso, attraverso il recupero di lembi di stratigrafia indisturbata, di definire la cronologia della più antica fase costruttiva, un’opera quadrata costituita da filari di blocchi quadrangolari, addebitabile a maestranze bizantine del VI secolo dopo Cristo, le quali si rifacevano alle metodologie strutturali del mai dimenticato mondo romano.
Torre Bastiglia |
Le fasi angioina e aragonese erano già note e la zona interessata dal restauro degli anni ‘70 era proprio quella dell’ampliamento aragonese.
La valorizzazione delle opere di fortificazione di Salerno e lo stesso rapporto paesaggistico con la città, ha visto aggiungersi un importante tassello con l’acquisizione, nel giugno 1990, anche della Torre Bastiglia, torre semaforica sita a nord del castello con funzione di avvistamento a sussidio della maggior opera difensiva.
Visitato il castello ampliato e riedificato da Arechi - un po’ dislocato rispetto al centro storico - la nostra passeggiata inizia da via Arce. All’incrocio con via Velia sono visibili le arcate a più piani dell’Acquedotto medioevale, costruito nel VIII secolo e restaurato dai Normanni nell’XI per il Monastero di S.Benedetto (VII-IX sec.), ubicato di fronte al Museo Archeologico Provinciale, che raccoglie una ricchissima documentazione dell’intera provincia di Salerno, dalla preistoria al tardoantico.
Chiesa del Crocifisso |
Tornando davanti a S. Apollonia, si scende sulla destra per vicolo Castel Terracena. Alzando lo sguardo si riconoscono i resti dell’altro Castello voluto dal Guiscardo. Attraversata via Iannicelli, si continua a scendere, giungendo in piazza Sedile di Portanova, da dove si diparte via Mercanti, arteria principale della città vecchia, ricca di tracce medioevali e, fino al XIX secolo, via commerciale di Salerno.
Percorsi pochi metri, si giunge in piazza Matteotti, dove sorge la chiesa del Crocifisso. Costruita probabilmente tra il X e l’XI secolo, faceva parte dell’attiguo convento di Santa Maria della Pietà (XII e XIII sec.).
La navata centrale dà accesso all’interessante cripta che conserva l’affresco della Crocifissione, opera di un maestro catalano-roussilonese di fine XIII secolo. Continuando su via Mercanti, sulla destra sorge la chiesa di S.Gregorio (XII sec.), oggi sede del Museo didattico della Scuola medica salernitana. Il Museo presenta una riproduzione di manoscritti e miniature che documentano la storia della Scuola nei secoli XI - XII – XIII.
La navata centrale dà accesso all’interessante cripta che conserva l’affresco della Crocifissione, opera di un maestro catalano-roussilonese di fine XIII secolo. Continuando su via Mercanti, sulla destra sorge la chiesa di S.Gregorio (XII sec.), oggi sede del Museo didattico della Scuola medica salernitana. Il Museo presenta una riproduzione di manoscritti e miniature che documentano la storia della Scuola nei secoli XI - XII – XIII.
Le prime testimonianze storiche dell’attività della Scuola risalgono al X secolo, ma il primo documento in cui essa è citata come organizzazione istituzionalizzata è contenuto nelle costituzioni di Federico II, pubblicate a Melfi nel 1231, in cui si dichiara la Scuola Medica Salernitana unica nel Regno.
Essa ricevette nel 1280 da Carlo I il suo primo statuto e continuò la sua attività con alterne vicende fino al 1811, allorquando, con la riorganizzazione dell’istruzione pubblica del regno, Gioacchino Murat attribuì esclusivamente all’Università di Napoli la facoltà di conferire lauree.
Oltrepassato il cosiddetto Arco d’Arechi, resto del palazzo costruito dal principe nel VIII secolo, si piega a sinistra per via Porta di Mare e subito a destra per vicolo Fasanella, dove è venuta alla luce una fornace alto - medioevale, per sbucare in Largo Sedile di Campo, anticamente adibito a mercato.
Attraverso vicolo Municipio Vecchio e via Porta Rateprandi, si arriva all’ingresso della chiesa di S. Maria della Lama.
Sorta a ridosso delle antiche mura, è interessante per la presenza di una serie di affreschi riferibili alle diverse fasi di crescita dell’originaria cappella longobarda, diventata ambiente ipogeale della duecentesca chiesa superiore. In via Porta Rateprandi la Chiesa di Sant’Andrea de Lama è uno dei monumenti religiosi più antichi del Medioevo salernitano. Per vicolo Duca Ruggiero, si ritorna alla zona del vecchio Municipio. Superato palazzo D’Antuono, si giunge in via dei Canali. Sulla destra il complesso dell’Ave Gratia Plena, realizzato all’inizio del ‘700 inglobando due precedenti palazzi signorili, e Laghetto S.Pietro a corte. La zona fu il cuore della città dalla metà del VIII secolo alla metà dell’XI. Sulla sinistra la settecentesca chiesa della Annunziatella, di cui si segnala l’altare maggiore, opera del Cartolano, e la Chiesa di Santa Rita.
Chiesa di S. Maria della Lama |
Oltrepassato il cosiddetto Arco d’Arechi, resto del palazzo costruito dal principe nel VIII secolo, si piega a sinistra per via Porta di Mare e subito a destra per vicolo Fasanella, dove è venuta alla luce una fornace alto - medioevale, per sbucare in Largo Sedile di Campo, anticamente adibito a mercato.
Attraverso vicolo Municipio Vecchio e via Porta Rateprandi, si arriva all’ingresso della chiesa di S. Maria della Lama.
Duomo |
Porta dei Leoni |
Allo spigolo tra i vicoli Adelberga e Sartori un resto di colonna medioevale. Di fronte, l’incrocio con vicolo dei Barbuti con i resti di Palazzo Fruscione (metà XIII sec.): archi intrecciati in tufo giallo e grigio sorretti da due colonnine con capitello a volute.
La tarsia policroma ricorda le decorazioni di Castel Terracena e quelle che si ammirano nel quadriportico del Duomo.
La tarsia policroma ricorda le decorazioni di Castel Terracena e quelle che si ammirano nel quadriportico del Duomo.
Salendo per il vicolo dei Barbuti, superata la Chiesa di S. Maria, si giunge in uno spazio, oggi tradizionale teatro all’aperto.
Costeggiando il lato destro della piazza, si salgono i gradoni del suggestivo vicolo Gisolfo II e si giunge in largo Abate Conforti, dove sorge il Complesso Monumentale di S. Sofia del IX secolo e ampliato tra il XVII e il XVIII, diventato negli ultimi anni sede di esposizioni permanenti (fu inaugurato nel 2002 con una mostra dedicata al genio di Mirò).
Sulla sinistra ha inizio via Tasso, con il palazzo appartenuto alla famiglia Lauro, ramo dell’illustre Casa Sanseverino, e poi passato alla famiglia Grotto. Sulla destra, invece, Piazza Alfano I, con il monumento più illustre della città: il Duomo.
Fatto costruire tra il 1076 e il 1085 sull’area di una chiesa precedente, fu consacrato da Gregorio VII nel 1085. Seppur quasi rifatto nella prima metà del ‘700, i restauri dell’ultimo cinquantennio hanno posto in rilievo l’importanza dell’edificio per la storia dell’architettura normanna. Una scalinata seicentesca conduce alla Porta dei leoni (XI sec.).
Nel mezzo del vasto atrio è una vasca d’età classica. Sulla destra il campanile romanico di 56 metri della prima metà del XII secolo, osservabile anche da via Roberto il Guiscardo.
Sulla semplice facciata, rimaneggiata nel 1722, corre una fascia marmorea la cui iscrizione attribuisce la costruzione dell’edificio a Roberto il Guiscardo.
L’interno, rifatto a causa dei danni del terremoto del 1688, conserva nella navata mediana due splendidi amboni. Davanti al maggiore (destra, XIII sec.) donato dall’arcivescovo d’Aiello, si leva il candelabro pasquale della stessa epoca. Nelle navate laterali, si aprono sei cappelle per lato.
La prima a destra è attribuita a Francesco Solimena. A sinistra, in fondo, il monumento della regina Margherita di Durazzo, di Antonio Baboccio da Piperno (1435). Entrambe le scale conducono alla cripta barocca. Attiguo alla Cattedrale è il Museo Diocesano con opere che vanno dall’XI al XVIII secolo. Si segnala la Croce detta di Roberto il Guiscardo (XI sec.), il ciclo degli avori (XII), l’Exultet (XIII), tre oli su tavola di Andrea Sabatini, la Giuditta di Caravaggio e opere di Stanzione, Ribera, Vaccaro, Giordano, Solimena.
Sulla sinistra ha inizio via Tasso, con il palazzo appartenuto alla famiglia Lauro, ramo dell’illustre Casa Sanseverino, e poi passato alla famiglia Grotto. Sulla destra, invece, Piazza Alfano I, con il monumento più illustre della città: il Duomo.
Fatto costruire tra il 1076 e il 1085 sull’area di una chiesa precedente, fu consacrato da Gregorio VII nel 1085. Seppur quasi rifatto nella prima metà del ‘700, i restauri dell’ultimo cinquantennio hanno posto in rilievo l’importanza dell’edificio per la storia dell’architettura normanna. Una scalinata seicentesca conduce alla Porta dei leoni (XI sec.).
Nel mezzo del vasto atrio è una vasca d’età classica. Sulla destra il campanile romanico di 56 metri della prima metà del XII secolo, osservabile anche da via Roberto il Guiscardo.
Sulla semplice facciata, rimaneggiata nel 1722, corre una fascia marmorea la cui iscrizione attribuisce la costruzione dell’edificio a Roberto il Guiscardo.
L’interno, rifatto a causa dei danni del terremoto del 1688, conserva nella navata mediana due splendidi amboni. Davanti al maggiore (destra, XIII sec.) donato dall’arcivescovo d’Aiello, si leva il candelabro pasquale della stessa epoca. Nelle navate laterali, si aprono sei cappelle per lato.
La prima a destra è attribuita a Francesco Solimena. A sinistra, in fondo, il monumento della regina Margherita di Durazzo, di Antonio Baboccio da Piperno (1435). Entrambe le scale conducono alla cripta barocca. Attiguo alla Cattedrale è il Museo Diocesano con opere che vanno dall’XI al XVIII secolo. Si segnala la Croce detta di Roberto il Guiscardo (XI sec.), il ciclo degli avori (XII), l’Exultet (XIII), tre oli su tavola di Andrea Sabatini, la Giuditta di Caravaggio e opere di Stanzione, Ribera, Vaccaro, Giordano, Solimena.
All’uscita, per via della Porta, si arriva a Largo d’Aquino dove sorgono il convento e la chiesa di San Domenico, eretti tra il 1272 e il 1275 sull’area di una chiesa originaria. Il monastero (oggi caserma Pisacane) è noto per aver ospitato San Tommaso d’Aquino del quale si conserva un manoscritto presso il Museo Diocesano. Di fronte l’ex convento di Santa Maria della Mercede.
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