La Penisola Sorrentina e la Costiera Amalfitana non sono famose soltanto come località dal mare incontaminato, ma anche per le montagne che dominano l’intera penisola. I Monti Lattari si trovano a cavallo tra i golfi di Salerno e di Napoli e costituiscono l'ossatura della Penisola sorrentino-amalfitana. Il complesso è di natura prevalentemente calcarea, noto per la sua panoramicità e consente escursioni sospese tra cielo e mare, spesso con la vista di Capri. I monti che costituiscono la dorsale della penisola erano chiamati dagli antichi Monti Sireniani e dai romani Monti Lattari (nome che ancora oggi conservano) con un esplicito riferimento alla produzione di latte e formaggio, come nell’altro nome documentato: Taurobulae ‘che nutrono tori’.
I monti Lattari sono il prolungamento occidentale dei Monti Picentini dell'Appennino Campano e si protendono nel mar Tirreno formando la penisola sorrentina.
La catena montuosa è delimitata a nord-ovest dal golfo di Napoli, a nord dalla pianura del fiume Sarno, ad est dalla piana di Cava dei Tirreni ed a sud dal golfo di Salerno.
I monti sono di formazione calcarea e raggiungono la massima elevazione nei 1444 metri del Monte San Michele del complesso di Monte Sant'Angelo a Tre Pizzi, che comprende le cime di San Michele, Monte di Mezzo e Monte Catiello.
Santa Maria del Castello |
Al limite occidentale della catena montuosa è posto il Monte San Costanzo di 497 metri. A nord è posto il Monte Faito (1131 metri) raggiungibile con funicolare da Castellammare di Stabia. Ad ovest è situato il Monte Cerreto di 1316 metri oltre il quale i monti digradano verso est nel valico di Chiunzi. Proseguendo verso est i monti raggiungono i 1130 del Monte Sant'Angelo di Cava che insieme al Monte Finestra (1138 metri) ed al Monte dell'Avvocata (1014 metri), costituisce il margine orientale della catena montuosa prima che questa digrada nella valle di Cava dei Tirreni e in quella del torrente Bonea che sfocia nel golfo di Salerno a Vietri sul Mare.
Il versante meridionale dei monti è molto scosceso e da vita alle falesie della Costiera Amalfitana verso la quale scendono numerosi torrenti. Il versante settentrionale digrada verso la costa formando un altopiano costiero.
Molti sono i sentieri da cui i Monti Lattari sono attraversati: essi partono dalla Penisola Sorrentina e, arrivando fino a Maiori, offrono a chi li percorre, uno spettacolo unico ed imponente.
Torre di Mont’Alto |
Un tempo, quando le attuali strade rotabili non erano state ancora costruite, questi sentieri erano l'unica via percorribile per collegare da terra tutte le località della Costiera Amalfitana. I Monti Lattari offrono ai turisti non solo l’opportunità di scendere sulle coste, ma anche di addentrarsi verso i boschi di montagna, con un innumerevole numero di sentieri adatti a chi ama le escursioni.
Tanti sono gli itinerari suggeriti sui Monti Lattari, in particolare quello di Termini-Punta Campanella, dove si potranno ammirare le torri di difesa, come Torre Fossa, Torre di Mont’Alto, Torre di Recommone, Torre di Nerano, la Cappella di Sant’Antonio di Padova al Cantone, la chiesa di San Tommaso Apostolo in Torca. Poi il Sentiero degli Dei, che va dalla Caserma Forestale a Capo Muro, passando per Nocelle o per S. Maria del Castello.
Infine, l’itinerario Valle delle Ferriere, spettacolare scenografia dei Monti Lattari con numerose cascate e sorgenti come l’Acqua Vracciara, Acqua Fredda, Acqua del Vecite, Acqua del Pertuso, Acqua del Sambuco e l’Acqua del Ceraso.
Cenni di storia antica sui Monti Lattari ed Agerola
Chiesa di S. Maria la Manna ad Agerola |
Come dimostrano le tracce trovate a Quisisana di Capri, già nel Paleolitico inferiore la dorsale montuosa dei Monti Lattari (allora tutt’uno con Capri) era quantomeno frequentata dall’uomo. Le tracce di insediamenti si fanno poi certe per il Mesolitico ed il Neolitico, epoche di cui hanno rivelato tracce numerose grotte, tra cui quelle di La Porta e Matera a Positano, Delle Felci a Capri, Nicolucci presso Sorrento e Delle Noglie nella Baia di Ieranto (Livadie, 1990). L’Eneolitico è ben testimoniato dalla necropoli della Trinità, a Piano di Sorrento (Livadie, 1990) mentre per l’Età del Bronzo si hanno segnalazioni a Tramonti e ad Agerola (Grotta di S. Barbara). Potrebbe risalire all’Età del Ferro la necropoli che venne fortunosamente in luce ad Agerola quando si fece lo sbancamento per costruire l’attuale Campo Sportivo S. Matteo.
Per le epoche più recenti la parte più montuosa dei Lattari ha restituito solo pochi rinvenimenti, come i livelli d’età ellenistica scavati a Polvica di Tramonti. Questi sembrano rivelare una presenza puntiforme nel territorio, forse legata ad uno sfruttamento delle risorse boschive ed all’allevamento ovino e bovino. Di recente uno degli autori (Cinque) ha rinvenuto frammenti ceramici di epoca ellenistica anche presso la chiesa di S. Maria la Manna ad Agerola.
Polvica di Tramonti |
Per l’epoca imperiale le presenze si infittiscono con una serie di ville rustiche e piccole necropoli che, decisamente più fitte lungo il piedimonte settentrionale, indicano come anche i ripiani orografici della zona montuosa fossero sede di insediamenti sparsi con piccole unità produttive dedicate all’agricoltura ed alle attività silvo-pastorali. Nel frattempo, la ripida costa meridionale della dorsale vedeva sorgere alcune ville d’ozio (a Positano, Amalfi, Minori) ubicate sui piccoli ripiani alluvionali delle maggiori foci torrentizie.
Monte Faito |
La forte eruzione esplosiva data dal Vesuvio nel 79 d.C. disperse i suoi prodotti verso S-SE, ovverosia proprio in direzione di Amalfi, tanto che sulla parte centrale dei Monti Lattari si accumularono tra 1,5 ed oltre 2 metri di pomici. La risultante crisi ambientale fu poi prolungata da decenni di frane e colate alluvionali dovute alla instabilità del manto di pomici e ceneri da poco formatosi sui pendii. Il fatto che Galeno a cavallo tra II e III secolo, vanti la bontà del latte prodotto su questi monti fa pensare ad una rapida ripresa dell’ambiente e della frequentazione umana a scopi di allevamento e pascolo. Ma certamente i primissimi secoli d.C. segnarono un notevole spopolamento ed il completo abbandono dei siti sulla costa meridionale, troppo esposti alle alluvioni post-eruttive.
Già tra il V ed il VI secolo, probabilmente ad opera di profughi dai decadenti ed insicuri municipi romani delle pianure campane (Gargano), alcune aree nascoste e pianeggianti dei Monti Lattari vedono sorgere dei veri e propri centri abitati; primo e più importante dei quali fu Scala.
A partire da questi nuclei, ma anche grazie all’arrivo di comunità che emigravano al s
eguito di monaci di tradizione greco-ortodossa, nel corso dei secoli IX e X, quando si struttura lo Stato amalfitano, si ha un deciso incremento demografico e la nascita di nuovi centri abitati, stavolta anche sulla costa (Amalfi, Positano, Minori ecc.). Con ciò si afferma anche una nuova e capillare politica di acquisto e messa a coltura di terra da parte di privati ed enti religiosi amalfitani. Tale politica si accompagnò all’introduzione di nuovi tipi di contratti agrari che favorirono lo sfruttamento di aree incolte o boschive con l’impianto di vigneti, oliveti, agrumeti ed orti che spesso richiesero faticose opere di terrazzamento dei pendii (macere) e minuziosi interventi per la captazione e l’adduzione delle poche acque sorgive di questo ambiente carsico verso mulini ed orti. Fu allora che molti degli originari boschi misti dell’area divennero selve di solo castagno (da frutto e da legno), mentre molte fustatie di faggio scomparvero per far fronte alle necessità di cantieristica navale. Anche la secolare vocazione per l’allevamento, soprattutto bovino, ricevette un nuovo impulso. Tali trasformazioni hanno lasciato tracce così profonde da portare alla creazione di toponimi che identificavano la località proprio in base alla nuova organizzazione del suolo.
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