lunedì 15 luglio 2013

Santuario di Maria Santissima della Civita (XIX sec.) - ITRI (LATINA)

LE ORIGINI

 
Le origini del Santuario della Madonna della Civita sono antichissime e si perdono nella leggenda. Tutto ruota attorno all’icona bizantina della Vergine che qui si venera, la cui realizzazione è attribuita San Luca evangelista ed apostolo. Si tramanda che durante le persecuzioni contro i Cristiani intraprese da Leone Isaurico, imperatore di Costantinopoli, durante l’VIII sec., due monaci basiliani cercarono di salvare dalla furia iconoclasta l’immagine sacra. Sorpresi durante l’atto, furono rinchiusi in una cassa con l’immagine e gettati in mare: se davvero l’immagine era così miracolosa come credevano, ironizzarono i loro aguzzini, allora si sarebbero salvati. Invece fu proprio così che andò: dopo 54 giorni di peregrinazione in mare, la cassa con i monaci e l’icona giunse sulle sponde di Messina. Grande fu lo stupore della popolazione locale quando, aperta la cassa, videro i due monaci sani e salvi con l’immagine tra le loro braccia. Per loro, da come raccontavano, erano passate solo poche ore da quando erano stati gettati in mare, invece risultò che si trovavano in mare, appunto, da ben 54 giorni! Il quadro venne posto nella cattedrale di Messina e divenne oggetto di venerazione, fino a che, un giorno esso sparì senza motivo apparente. Da questo momento in poi dell’immagine si perse traccia, finché non avvenne il ritrovamento fortuito, sulla sommità del Monte della Civita, nel territorio di Itri, dell’immagine da parte di un pastore sordomuto, che miracolosamente riacquistò la parola e l’udito. Egli corse subito in paese a dare la buona notizia, e la sacra immagine fu affidata ai monaci Benedettini. La prima notizia certa di una costruzione dedicata al culto dell’immagine si ha in un documento del 1147, conservato a Montecassino, dove si nomina un'offerta per la ricostruzione del Santuarietto della Civita che, quindi, all'epoca doveva esistere già da un po'. Nel 1491 il vescovo di Gaeta inaugurò il nuovo santuario, più ampio e funzionale, intitolandolo all’Immacolata. Il flusso di pellegrini aumentò costantemente, così come il numero di grazie e di miracoli concessi: il più illustre avvenne nel 21 luglio del 1527, quando un’epidemia di peste che aveva colpito tutti i paesi circostanti venne debellata. Da allora, la festa liturgica della Madonna della Civita è stata fissata al 21 luglio. L’icona venne solennemente incoronata due volte: nel 1777 e nel 1877. Il crescente flusso di pellegrini rese necessaria la realizzazione di un nuovo santuario, ancora più grande: la costruzione iniziò nel 1820 e si concluse sei anni dopo. Dal 1985 il Santuario è stato affidato alle cure dei Padri Passionisti che tuttora lo detengono.
 

LA MADONNA NERA

Secondo la tradizione, l’immagine della Madonna della Civita venne dipinta da San Luca e prima delle persecuzioni iconoclaste si trovava conservata nella Chiesa di Santa Sofia a Costantinopoli (oggi Istanbul). Rappresenta la Vergine incoronata con le mani aperte in segno di benedizione. Anche il Bambino, che tiene in grembo, apre le mani nella stessa posa. La pelle delle mani e del volto della Madonna appaiono scure, mentre quelle del Bambino sono più chiare. Questo particolare è importante se, come avviene spesso, s’intenda negare l’intenzionalità di una tale rappresentazione con la spiegazione dell’annerimento legata a fenomeni di ossidazione chimica dei pigmenti utilizzati. L’attribuzione a San Luca dell’immagine è anch’essa da ritenersi simbolica: tante Madonne Nere, infatti, sono attribuite all’evangelista, da sospettare che per tutta la vita egli non avesse fatto altro che dipingere. In realtà, molto probabilmente, l’associazione con il Santo è dovuta al fatto che nella rappresentazione simbolica degli Evangelisti nel cosiddetto Tetramorfo, San Luca è simboleggiato dalla figura di un toro, animale da sempre associato alla forza ed all’energia della terra. Questi riferimenti alle energie telluriche, sempre presenti nei luoghi ove si venerano immagini di Madonne Nere, sono in questo Santuario particolarmente rinforzati da altre due presenze simboliche che possono essere relazionate agli stessi significati.
 

PRESENZA SIMBOLICHE: LA TRIPLICE CANTA

 
l primo elemento, di notevole interesse, è la Triplice Cinta, che possiamo vedere tracciata in un unico esemplare sul muretto di delimitazione posto tra la scala principale d’accesso e il pronao della chiesa. La figura, in realtà, è abbastanza consumata ed è stato difficile notarla, ed ancor più fotografarla. Ma ad una buona osservazione i tre quadrati concentrici ed i segmenti ortogonali sono ben individuabili. In nessun altro punto della piazzetta antistante la costruzione, che pure è circondata da un lungo muretto, si riscontrano altre presenze del simbolo.

PRESENZE SIMBOLICHE: IL BETHEL

Una lapide apposta sulla facciata della chiesa apporta la seguente iscrizione, seguita da una data:
D. O. M.
O quam metuendus est
locus iste,
vere non est hic aliud
nisi domus Dei, et porta caeli
Gen. C. XX VIII
Anno Do.ni M.D.CXXI
Si tratta, ovviamente, della frase biblica di Giacobbe, trascritta nel libro della Genesi, Cap. 28, meglio conosciuta come "TERRIBILIS EST LOCUS ISTE" e identificata, in questo sito, come simbolo del Bethel (la "casa di Dio") o di betilo, nel senso di omphalos, pietra consacrata ed eretta ad indicare un Centro Sacro. Perché, infatti, questo santuario dovrebbe essere un luogo così terribile? Nessun fatto o avvenimento oscuro infama la sua storia ma, al contrario, è stato meta incessante di pellegrini da ogni luogo, che ancora oggi prosegue e si amplia nel tempo.
 

LA CAPPELLA DELLE RELIQUIE E LA PIASTRELLA ANOMALA

 
All’interno della chiesa, alla sinistra dell’altare principale ove è esposta l’icona sacra, si apre la Cappella delle Reliquie, nel quale sono conservate ed esposte numerose reliquie e frammenti ossei di centinaia di Santi noti e meno noti della tradizione cristiana. Riporta Umberto Cordier nella "Guida ai luoghi misteriosi d'Italia" (scheda n° 457, v. "Le fonti") che il visitatore che s’appresti ad entrare nella Cappella, può notare sul pavimento la presenza di una piastrella quadrata di colore rosso, vistosamente estraneo al resto della pavimentazione. Si dice che ciò si rese necessario dopo i numerosi ed infruttuosi tentativi di porre in quel punto preciso una piastrella normale, visto che tutte le volte essa finiva inspiegabilmente per spezzarsi. La leggenda, se di leggenda si tratta, si lega ancora una volta a tutte le caratteristiche tipiche dei luoghi energetici e le tradizioni legate agli omphalos spezzati. Oggi, comunque, la segnalazione non è più verificabile: alla data del nostro sopralluogo (Agosto 2008) il tratto pavimentale antistante la Cappella è nascosto alla vista da un discreto tappeto rosso. Perché e, soprattutto, perché solo qui? È stato messo in segno devozionale per le Reliquie esposte oppure per nascondere un evento anomalo (per non dire "soprannaturale") che potrebbe distogliere l’animo "pio" del visitatore?

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